Ascoltare le esigenze del mercato e trasformarle in soluzioni. Intervista a Stefano Palma, fondatore di Medical Note
Le interviste della serie #vitadastartupper ci portano oggi a conoscere un esperto di strumenti medicali che dopo una lunga carriera nelle più importanti aziende del settore ha scelto di fondare la propria startup.
Parliamo con Stefano Palma, fondatore di Medical Note, startup specializzata nella creazione di strumenti digitali per semplificare la comunicazione, la raccolta di dati, l’elaborazione e la condivisione di casi clinici all’interno di équipe chirurgiche.
Ecco cosa ci ha raccontato Stefano della sua #vitadastartupper.
Le chiedo di presentarsi, in 20 parole o poco più
Sono Stefano Palma, fondatore di Medical Note. Ho 55 anni e da trent’anni lavoro nel mondo dei medical device, in particolare per la chirurgia. Ho lavorato prima all’interno di PMI e poi nella multinazionale leader del settore.
Cosa l’ha spinta a fondare Medical Note?
Il mio lavoro mi ha portato a frequentare assiduamente le sale operatorie, a stare a stretto contatto con i chirurghi e capire le loro esigenze. Mi sono reso conto che la chirurgia oggi è un ambito molto avanzato a livello tecnologico – si opera con i robot –, ma molto arretrato invece a livello digitale: si fa ancora fatica, ad esempio, ad avere una cartella digitale uguale per tutti, si usano strumenti digitali che non comunicano l’uno con l’altro.
Nel 2017, dopo aver lasciato la multinazionale per cui lavoravo, ho deciso di fondare Medical Note ponendomi l’obiettivo di dare al chirurgo strumenti digitali utili nei momenti in cui deve fare le scelte più importanti per la gestione dell’intervento: prima di tutto quando il chirurgo deve parlare con il paziente, spiegare la situazione e ottenere il consenso informato rispetto all’intervento; poi nel momento della discussione del caso con l’équipe clinica; e ancora, quando si trova davanti al tavolo operatorio e ha bisogno di avere sott’occhio i dati che gli consentono di operare in modo più preciso, più veloce e più conforme al planning chirurgico.
Tutto questo oggi non avviene con l’aiuto di tecnologie digitali: il chirurgo spiega al paziente l’intervento disegnando su un foglio, non ha a disposizione strumenti di visualizzazione 3D dell’organo, può guardare e mostrare solo le immagini TAC e al tavolo operatorio non ha strumenti digitali per richiamare le informazioni che ha raccolto nella fase pre-operatoria.
Che soluzione propone Medical Note?
Abbiamo ideato un sistema integrato che interviene nei passaggi cruciali della preparazione e della realizzazione dell’intervento chirurgico. Nell’ambito di questo sistema abbiamo sviluppato un’app, semplice da usare sia per il chirurgo che per il paziente, con cui il chirurgo può far vedere al paziente mediante un modello anatomico chiaro e semplificato lo stato attuale dell’organo e cosa cambierà con l’intervento; il nostro team multidisciplinare di bioingegneri, tecnici e radiologi fornisce su richiesta al chirurgo un servizio di modellazione 3D grazie al quale, inviando le immagini TAC, il chirurgo può ottenere l’immagine 3D dell’organo e discuterne con l’équipe clinica; e infine forniamo al chirurgo un visore a comando vocale, di cui abbiamo sviluppato il software, con cui il chirurgo può richiamare gli esami che vuole vedere durante l’intervento.
Perché ha deciso di fondare una startup e non sviluppare questo progetto nell’ambito della multinazionale in cui lavorava?
Volevo creare qualcosa di nuovo: un ambiente snello, veloce e reattivo alle richieste del mercato. Per via della loro dimensione le multinazionali sono molto lente nel recepire le istanze del mercato. Una startup invece può essere all’ascolto delle esigenze del cliente e trasformarle in soluzioni più velocemente e con maggiore flessibilità. È ciò che abbiamo fatto con Medical Note a partire dai bisogni dei chirurghi.
E in che fase si trova Medical Note in questo momento?
Abbiamo completato la fase di test delle nostre soluzioni in collaborazione con cinque strutture ospedaliere. Da ottobre 2020 le abbiamo portate sul mercato dando avvio alla promozione mediante una rete vendita composta da 12 agenti che lavorano su tutto il territorio nazionale; stiamo quindi realizzando delle demo presso gli ospedali e abbiamo già i nostri primi clienti.
Rispetto alla vostra tabella di marcia, che impatto ha avuto la pandemia sulla vostra attività?
Per noi la pandemia ha avuto due facce: da un lato, ci ha rallentato nel lancio del prodotto poiché a marzo 2020 eravamo pronti per andare dai chirurghi a presentare la nostra soluzione e abbiamo dovuto posticipare la promozione; dall’altro, ha reso di estrema attualità l’esigenza di sviluppare la telemedicina mettendo quindi in luce l’importanza dei nostri servizi e facilitandoci in questa fase di promozione.
Guardando al breve termine, quali sfide vede di fronte a sé?
Il nostro ingresso sul mercato ci pone di fronte a una duplice sfida. Da una parte c’è una sfida culturale: far crescere il nostro mercato di riferimento, introducendo servizi del tutto nuovi di cui ancora non si conosce l’esistenza. In questo siamo agevolati dal fatto di non avere grossi competitor: in questa fase i nostri competitor sono startup come noi e abbiamo tutti interesse a lavorare insieme per aprire e espandere il nostro mercato. D’altra parte abbiamo di fronte una sfida economico-finanziaria: siamo su una rampa di lancio, i motori girano al massimo, ci stiamo per staccare da terra, la benzina che ci vuole è tanta. Stiamo quindi cercando di ampliare le risorse a nostra disposizione per assicurare il nostro volo.