Con il pallino per l’indossabilità. Intervista a Lucia Arcarisi, Weabios

Tra le startup che abbiamo il piacere di accogliere nel nostro Incubatore ce n’è una che ha proprio il pallino per l’indossabilità: Weabios, startup che realizza prodotti tessili intelligenti con sensori tessili di pressione innovativi, non invasivi e indossabili, per misurare parametri fisiologici e comportamentali nello sport, nella moda e in campo medicale.
Ne parliamo con la sua cofondatrice, Lucia Arcarisi.

Lucia, com’è nata Weabios?
Ho sempre voluto fare startup, il mondo dell’impresa e della ricerca applicata mi ha da sempre appassionata. Durante il mio percorso universitario, ho scelto infatti di partecipare al programma PHD+ e CLAB* e, in parallelo, ho lavorato alla mia tesi di laurea su un reggiseno sensorizzato che mi ha portato a studiare i tessuti sensorizzati. Dopo la laurea in ingegneria biomedica, ho iniziato a lavorare all’interno del gruppo di ricerca del prof. Alessandro Tognetti e del prof. Nicola Carbonaro occupandomi di sensori tessili, dispositivi poco invasivi per il monitoraggio e la diagnostica biomedicale. Di questo lavoro mi piaceva soprattutto l’aspetto pratico: la creazione di prototipi e prodotti industriali che potessero anche venduti. Con loro ci siamo resi conto che era molto difficile trovare tessuti e soluzioni che avessero caratteristiche di indossabilità elevata e potessero essere integrati veramente nei capi d’abbigliamento.
Da qui l’idea di dar vita a Weabios. Il suo nome è infatti l’unione di due parole che fanno riferimento al nostro gruppo di ricerca: Wearables and Biosensing.

Perché questo focus sull’indossabilità?
Tutto è iniziato da un calzino per l’analisi del passo. Il calzino ha una forma particolare e deve essere molto elastico. Non trovavamo dei sensori tessili che facessero al caso nostro, che potessero adattarsi bene alla forma del calzino. Sul mercato trovavamo solo sensori dalle forme standard non customizzabili, per cui abbiamo deciso di farli noi. E dopo il calzino abbiamo creato il coprisella, la scarpa e molto altro ancora: tutte forme diverse che riusciamo a customizzare a seconda dei diversi progetti.
L’indossabilità è qualcosa a cui teniamo molto. Il wearable è ormai entrato all’interno della nostra vita quotidiana: lo smartwatch è diventato un prodotto molto conosciuto e indossato, fanno capolino nella grande distribuzione altri prodotti come la soletta sensorizzata o la pettorina con il GPS. Generalmente però l’elettronica standard viene miniaturizzata e messa sul capo indossabile. Ciò a cui noi puntiamo è invece fondere la tecnologia con il capo d’abbigliamento. Questa nostra visione implica una serie di scelte, come quella di realizzare sensori completamente tessili.
Vorrei che un giorno potessimo svegliarci e scegliere di indossare una maglietta, non solo perché ci piace, ma anche perché ci può salvare la vita o dire qualcosa di importante per la giornata che ci accingiamo a vivere.

In questo momento vi rivolgete a un mercato b2b o b2c?
Lavoriamo per aziende dello sport, della moda e medicale che ci chiedono di sensorizzare i loro prodotti o di creare un prodotto chiavi in mano per loro. Ci proponiamo quindi come partner di innovazione per grandi aziende che vogliono sensorizzare i loro prodotti.
Parallelamente portiamo avanti progetti di ricerca sui sensori tessili e progetti di diffusione della tecnologia wearable, come ad esempio quello che abbiamo realizzato in collaborazione con un fab lab di Milano creando un kit di sensori wearable per maker.

Quali sfide vedi di fronte a voi?
Sul piano organizzativo il reperimento di fornitori stabili è la principale sfida per noi. Trattandosi di un mercato molto innovativo ci sono pochi fornitori che ci possono offrire ciò che cerchiamo e spesso dobbiamo far fronte a una certa carenza.
Su un piano più generale invece ci sono due grandi sfide. Innanzitutto quella dell’indossabilità: possiamo realizzare dei sensori tessili bellissimi e comodamente indossabili, ma se le batterie rimangono delle attuali dimensioni, difficilmente potranno essere indossate. L’incontro tra il mondo dell’elettronica e quello dei prodotti indossabili è una bella sfida. E poi c’è la sfida rappresentata dalla sensibilizzazione delle persone rispetto alla tecnologia wearable. C’è ancora chi mi chiede “ma non è che prendo la scossa?” mentre sta provando un nostro prodotto. Ecco, frasi come queste sono indice del fatto che il wearable deve ancora entrare a pieno nella nostra vita quotidiana e c’è un po’ di strada da fare.

 

* PhD+ è il programma dell’Università di Pisa finalizzato a promuovere e diffondere la cultura imprenditoriale e dell’innovazione, la valorizzazione delle proprie idee e l’interdisciplinarietà tra studenti di laurea magistrale, dottorandi, dottori di ricerca e docenti.

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