#vitadastartupper Cercare ostinatamente di realizzare il proprio sogno. Intervista a Irene Salvadorini

C’è una parola che più di tutte riecheggia nei dialoghi con gli startupper: sogno. Realizzare il proprio sogno è spesso la motivazione più forte che spinge alla scelta di diventare imprenditori.
In questa intervista Irene Salvadorini ci racconta di come sta trasformando il suo sogno in un progetto imprenditoriale innovativo capace di farsi strada in un mercato e in un settore molto competitivi come quello della moda.

Irene progetta, produce e distribuisce un marchio di abiti da sposa dallo stile molto alternativo che porta il suo nome. I suoi abiti da sposa sono pensati per donne che nel giorno del loro matrimonio al classico abito da principessa preferiscono un abito in cui possono sentirsi a loro agio, che possono trovare in boutique di prêt-à-porter e possono indossare anche in altre occasioni.

Ecco cosa ci ha raccontato Irene della sua #vitadastartupper.

Presentati in 20 parole
Sono una trentacinquenne, designer ancora un po’ aspirante, mamma di due bambini e imprenditrice.

Cosa ti ha spinto a diventare imprenditrice?
Senz’altro alcuni lati del mio carattere. Non sono molto tagliata per lavorare in modo subordinato. Le esperienze lavorative che ho avuto mi hanno fatto capire che la mia strada è cercare di realizzare il mio sogno, invece che cercare di realizzare il sogno di qualcun altro.

Qual è la cosa più sorprendente che ti è capitata o che hai notato da quando hai deciso di diventare un’imprenditrice?
Sono sorpresa di me stessa e del fatto che non ho ancora mollato!
Nonostante le tante difficoltà incontrate, le tante energie e i soldi investiti, nonostante abbia scoperto che la strada è molto più lunga di quanto pensassi, continuo a coltivare questo progetto. Evidentemente questa scelta esprime tutta la mia personalità.
Ho anche la controprova: mi è già capitato in passato di aver intrapreso percorsi che non facevano per me; in quei casi ho mollato molto prima. Per questo motivo, se mi guardo indietro e vedo ciò che ho costruito fin qui, sono molto sorpresa di me stessa.

Raccontaci una difficoltà e un’avventura in cui ti sei imbattuta durante questo percorso
La difficoltà maggiore è di tipo economico. Nel settore della moda ogni tentativo è estremamente costoso: per essere credibili e affidabili non ci si può fermare a una sola collezione, ma bisogna farne una serie, e questo richiede investimenti iniziali importanti.

Sul versante invece dell’avventura, la mia partecipazione alla Fiera di Parigi a febbraio dell’anno scorso, incinta di 3 mesi del secondo figlio, con il mio primo bambino di due anni e mezzo e mio marito al seguito, è stata senz’altro molto avventurosa.

Era la mia prima fiera, quindi sapevo ben poco di ciò che occorresse fare e di come bisognasse comportarsi. Il mio progetto è stato selezionato come unico marchio di abiti da sposa presente in fiera, ho potuto quindi presentare la mia collezione ai buyer di tutto il mondo. È stato uno snodo fondamentale del mio percorso imprenditoriale: più che un trampolino di lancio, un buon punto di partenza.

Guardando al futuro prossimo, qual è la sfida che vedi davanti a te?
Nel 2019 vorrei realizzare una joint-venture che possa dare eco e forza economica al progetto. Inoltre, poiché un mese fa ho aperto un punto vendita del mio marchio in via Goldoni 36 a Livorno, vorrei trasformarlo nel laboratorio nel quale poter dialogare direttamente con le clienti, capirne le attese e le esigenze. È fondamentale per me potermi confrontare con loro.

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